La prevenzione e la cura precoce in caso di sintomatologia iniziale è fondamentale per mantenere in salute il tendine d’Achille.
Vedremo come tenere sotto controllo il tendine più grande e forte del nostro organismo, ma altrettanto delicato e prezioso.
Il tendine di Achille ha una lunghezza di circa 10-15 centimetri ed uno spessore di 5-6 millimetri.
Origina dal muscolo tricipite della sura ( composto dai due ventri del gastrocnemio e dal soleo ) e si inserisce sull’osso del calcagno.
Come tutti i tendini è costituito dal punto di vista istologico da fibre elastiche e da foglietti di rivestimento connettivali che prendono il nome di epitenonio, peritenonio ed endotenonio.
Infatti deve assicurare una ottima resistenza alla notevole trazione muscolare ma anche una certa elasticità.
Risulta però particolarmente vulnerabile per la sua scarsa vascolarizzazione e nutrizione.
La frequenza della rottura spontanea nella popolazione è in aumento negli ultimi anni con circa 3 casi ogni 100.000 persone per anno.
In particolare presenta una zona critica, chiamata “ watershed ”, situata a circa 2-6 cm dall’inserzione calcaneare, caratterizzata da una ancor più ridotta vascolarizzazione e maggiore suscettibilità a fenomeni di degenerazione e possibili lesioni.
I primi sintomi di sofferenza del tendine d’Achille
I sintomi iniziali della sofferenza del tendine d’Achille sono posteriore dolore alla gamba, che peggiora con l’esercizio fisico oppure migliora leggermente andando avanti con l’attività ma ricompare alla fine dell’allenamento.
Può essere presente gonfiore nella zona interessata specialmente nella parte distale del polpaccio vicino al tallone.
La caviglia può apparire impastata, come se non fosse libera di muoversi fino ad arrivare a una sensazione di vera e propria rigidità.
Se presenti sintomi come questi riguardanti il tendine d’Achille, non pensare che passeranno da soli, non perderti in soluzioni inutili o addirittura nocive perché possono mascherare la gravità della patologia ma consulta un medico per una valutazione accurata, anche con esami strumentali e un trattamento adeguato.
Trascurare i primi sintomi di un problema così importante potrebbe compromettere gravemente il futuro del tendine e condizionare fortemente la tua attività sportiva nel tempo.
Prevenzione e cura del tendine d’ Achille
A scopo preventivo sono utili esercizi di rinforzo eccentrico del tendine e migliorare la flessibilità con esercizi di stretching della muscolatura posteriore della gamba e della coscia, badando bene di indossare sempre calzature con adeguato rialzo posteriore.
Possono essere utili apposite solette o talloniere per detendere maggiormente la catena cinetica posteriore.
Con quale frequenza si rompe il tendine d’Achille negli atleti ?
Le statistiche ci dicono che negli sportivi gli infortuni a carico del tendine d’Achille rappresentano l’evento tendineo più frequente tra quelli a carico dell’arto inferiore e che ha una frequenza tra il 6 e 18 percento degli atleti ogni anno.
Quindi una frequenza molto molto più alta che nella popolazione generale.
Gli sport più a rischio sono il basket, il calcio, la corsa, il tennis, il volley con frequenza maggiore tra i 20 e i 40 anni e maggiormente negli uomini ( circa 4 volte ).
Sappiamo che ogni evento traumatico, anche se ben curato ed apparentemente guarito, lascia tracce importanti nel tessuto tendineo che progressivamente lo modificano e lo indeboliscono ( tendinosi ), fino a portarlo alla rottura patologica anche per sforzi banali.
Dalla “tendinosi achillea” o “tendinopatia achillea” alla tragica rottura sottocutanea dello stesso, il passo può essere breve e talvolta anche con pochi segni clinici o sintomatici.
Nell’atleta professionista questa può avvenire anche prima dei trent’anni, negli sportivi amatoriali solitamente più vicino ai quaranta.
A prescindere dai dati statistici, si ha l’impressione sul campo che la frequenza della rottura spontanea del tendine di Achille negli sportivi sia in netto aumento negli ultimi anni, rafforzata dai frequenti episodi di cronaca sportiva che ne esaltano anche la tragicità.
Il ruolo delle Onde d’Urto Focali
Di fronte ad alterazioni flogistico-degenerative documentate con opportuni esami diagnostici è necessario intraprendere cure specifiche che aiutino il tendine a recuperare il più possibile le sue caratteristiche biologiche e fisiche.
In questo contesto le Onde d’Urto Focali ( ESWT ) rivestono nella nostra esperienza e secondo la letteratura un ruolo fondamentale.
Si sfruttano delle Onde d’Urto Focali gli effetti ben noti sulla rimozione dei costituenti danneggiati della matrice, sulla attivazione dei processi riparativi attribuiti alla proliferazione dei fibroblasti e tenociti e alla neosintesi di collageno.
Le Onde d’Urto modulano inoltre i processi infiammatori che producono il danno tissutale e promuovono la formazione di nuovi piccoli vasi sanguigni ( neoangiogenesi).
Gli effetti benefici iniziano un po’ di tempo dopo il trattamento e si protraggono per mesi, in accordo con i meccanismi d’azione ormai ben noti di questa terapia.
Inoltre non sono presenti effetti collaterali, non sussistono controindicazioni di rilievo, si combina bene con tutti gli altri trattamenti e accorgimenti tradizionali della prevenzione della tendinopatia, producendo secondo alcuni studi una vera e propria sinergia.